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“Da Grazia Deledda a Michela Murgia: C’è un’eredità matriarcale nella cultura delle donne sarde?”, incontro sabato 23 marzo dalle ore 15.30 alle 20.00, StadtRaum Frankfurt (Amka), Mainzer Landstr. 293, Francoforte, sala U 105/106 *** Veranstaltung “Von Grazia Deledda bis Michela Murgia: Gibt es ein matriarchalisches Erbe in der Kultur der sardischen Frauen?”

Documento sulla situazione delle donne italiane in Germania

All’interno del panorama dell’emigrazione italiana in Germania – che non é comunque confortante – la situazione delle donne si segnala come ulteriormente svantaggiata per una serie di motivi : le donne rappresentano +il 41% dell’emigrazione italiana, dato che all’inizio erano venuti precipuamente uomini soli. Questo scarto e l’essere arrivate in tempi successivi spiega la scarsa presenza femminile nelle associazioni e nelle rappresentanze degli emigrati italiani, il che comporta un peso pressoché nullo all’interno di esse. Specifici problemi di genere non trovano quindi eco adeguata, posto anche che gli uomini non sembra abbiano interesse a promuovere mutamenti di ruolo all’interno delle famiglie emigrate. Queste si muovono su modelli validi nella comunitá di origine di 30-40 anni fa e non finalizzano l’educazione delle figlie al conseguimento di una qualsivoglia indipendenza, perseguendo invece per esse il vecchio ruolo elastico di supporto finanziario alla famiglia , nel caso che questo si renda necessario od opportuno.

Conseguentemente, nonostante il maggiore successo scolastico delle ragazze, esse vengono indirizzate dalla famiglia a curricula scolastici poco prestigiosi e non si investe piú che tanto – o proprio nulla – nella loro qualificazione professionale. Cosí succede che per es. in Assia solo il 27 % delle italiane risulti ufficialmente occupato, mentre molto presumibilmente un buon numero di loro lavora in nero presso aziende autonome (gastronomia, gelaterie), i cui titolari sono uomini, o fa pulizie per privati.

Il poco che si investe nella qualificazione professionale delle ragazze si limita a mestieri „femminili“, quali parrucchiera, commessa, segretaria, assistente di studio medico, corrispondente di lingue estere (per le piú brave) – mestieri per cui il mercato é ormai saturo.

A ció si aggiunge il carico privato delle donne con figli, che in Germania é particolarmente pesante: i posti asilo sono insufficienti , le scuole a tempo pieno non esistono se non in numero limitatissimo, gli scolari possono essere rimandati a casa in qualsiasi momento, se l’insegnante manca. Di questi problemi si fa carico esclusivamente la donna, che trova molti ostacoli per sviluppare strategie di affidamento per i figli, le quali invece sono necessarie a tutte le donne che vogliano lavorare fuori di casa.

Qui si fa sentire pesantemente la mancanza di una comunitá italiana funzionante, che si é formata unicamente in zone intorno a fabbriche con alta presenza di operai italiani, come a Wolfsburg (Volkswagen) o a Rüsselsheim ( Opel). In una cittá come Francoforte sul Meno, dove abitano circa 16.500 italiani, le famiglie vivono isolate, frequentano pochi amici e parenti e significativamente i figli si sposano tra italiani per la piú parte.

Si rende quindi sempre piú evidente l’esigenza di una rete tra emigrate, che condividono la stessa lingua nonché consimili problemi, ma che conducono esistenze isolate, sia perché confinate nella casa o nella piccola azienda famigliare, sia perché la mancanza di un quartiere italiano le isola anche linguisticamente. Se questa rete esistesse, sarebbe piú facile creare i presupposti anche per una comunicazione in lingua tedesca e quindi per una effettiva integrazione nel tessuto locale. È un dato di fatto che l‘integrazione di una comunitá in un paese straniero passa attraverso le donne, che sono i migliori agenti di socializzazione; ma per fare ció, esse devono usufruire di un minimo di precondizioni, che nella RFT, proprio perché l’emigrazione italiana é relativamente recente, mancano o sono carenti.

Un passo avanti in questo senso si profila nella costituzione di coordinamenti femminili e di reti di donne „addette ai lavori“ in emigrazione, le quali per lo piú non si conoscono nemmeno fra di loro e quindi non sono in condizione di unire le proprie energie per avviare progetti in favore delle donne.

Premessa questa sommaria analisi della situazione e nell’ottica che essa ci ha indicato proponiamo:

  • l’avvio di una rete di coordinamento di tutte le donne che lavorano nel campo dell’emigrazione italiana in Germania, affinché l’assistenza sociale e medica, la consulenza legale e le misure di promozione scolastica, professionale e culturale a favore delle emigrate italiane raggiunga il massimo dell’efficienza possibile e si eviti l’attuale dispersione di inutili e dispendiosi doppioni di iniziative che non sono a conoscenza l’una dell’altra.
  • un progetto che, utilizzando le conoscenze professionali e le reti relazionali delle italiane presenti nelle universitá tedesche, inizi a costituire una banca-dati sulla componente migratoria italiana, disaggregata per sesso e fascie di etá, allo scopo di individuarne le necessitá ed il grado della loro urgenza. La raccolta di questi dati, oltre a fornire una panoramica generale dell’emigrazione italiana nella BRD, dovrebbe servirci a formare una piattaforma per la costituzione di progetti a favore delle donne ed a indicarci le prioritá da seguire. In questo senso abbiamo giá preso contatto con donne che lavorano nelle universitá di Francoforte, Dresda e Berlino, e che comunque giá da tempo svolgono la loro ricerca nell’ambito degli studi su stranieri residenti nella BRD, le quali hanno dichiarato la loro disponibilitá e interesse per questo progetto.